Giulio Romito: quando la fotografia incontra il motociclismo
Qualche consiglio per i motociclisti appassionati di fotografia:
1) Portate sempre con voi attrezzatura comoda e poco ingombrante.
2) Utilizzate la regola dei terzi quando scattate: in pratica posizionate l’orizzonte un po’ più in alto rispetto al centro dell’immagine o i soggetti un po’ più a destra o sinistra sempre rispetto al centro.
3) NON usate filtri che rendono palesemente le vostre foto irreali.
Ma chi siamo noi per darvi questi consigli? Nessuno, e infatti a darveli non siamo noi ma Giulio Romito, fotografo e motociclista.
Uno di quelli che, anche se per lavoro usa la macchina fotografica digitale, non rinuncia al piacere degli scatti analogici.
Conosciamolo meglio!
Dalle casse dello stereo escono le note di “Bird and bees” di DubFX.
Giulio ha 36 anni e da circa undici vive a Milano.
Nelle sue vene, però, scorre sangue pugliese: è infatti a Lecce che è nato e cresciuto, prima di trasferirsi nel capoluogo lombardo.
Ma facciamo un salto nel tempo e andiamo indietro di qualche anno.
Giulio, quattordicenne, come tanti adolescenti ha un sogno ricorrente: la moto.
Nella vita, però, sappiamo che non sempre si può avere subito tutto ciò che si vuole.
Gli anni passano, la moto rimane un sogno ma nel frattempo la vita va avanti, altre passioni nascono e crescono insieme a lui.
La pallavolo, ad esempio.
Tra un bagher e una schiacciata Giulio passa dalla pallavolo praticata come hobby alla pallavolo praticata come professione arrivando a giocare in A2, attraverso un percorso impegnativo sia in termini fisici che in termini di tempo dedicato agli allenamenti e alle partite.
Parallelamente alla carriera sportiva, nonostante il tempo libero sia limitato, nei suoi vent’anni Giulio si avvicina ad un’altra disciplina che riuscirà a trasformare in lavoro: la fotografia.
Troviamo quindi un Giulio Romito pallavolista, a Milano, con tanta voglia di buttarsi nel mondo della fotografia.
È proprio in questo momento della sua vita che riesce finalmente, nel 2006, a coronare il suo sogno e a mettere in box la sua prima vera moto: una Honda Transalp.
Anche se in realtà il contratto da sportivo glielo impedirebbe, Giulio inizia a scorrazzare in lungo e in largo in sella alla sua moto.
Così in lungo e così in largo che ci prende gusto e si spinge sempre un po’ più in là.
Fino ad arrivare, nel 2017, alla decisione di iscriversi al “Mongol Rally”: << Con un gruppo di amici avevo previsto di partecipare all’edizione del 2016 ma poi per questioni lavorative ho dovuto rinunciare all’ultimo. Seguire le loro avventure, leggere i loro racconti e vedere le fotografie dei posti che attraversavano non faceva altro che accrescere il mio desiderio di percorrere quelle stesse strade>> ci racconta Giulio.
Per chi non lo sapesse, alla base del Mongol Rally c’è una componente di solidarietà. Si tratta di un rally non competitivo, nel quale è vietato utilizzare navigatori satellitari e che non prevede premi per i vincitori…anzi: lo scopo di questo evento è raccogliere fondi da donare in beneficienza.
Giulio sceglie di supportare il progetto #gocciaagoccia di GVC Italia e inizia quindi una raccolta fondi sia attraverso la vendita delle sue fotografie che con campagne crowdfunding.
Il tempo scorre veloce tra un preparativo e l’altro, fino ad arrivare alla partenza nel luglio 2017.
Come è stato scelto l’itinerario da seguire? << Mi sono focalizzato sull’esperienza umana e sull’unicità dei panorami. Quindi ho deciso di attraversare l’Iran per i racconti che avevo sentito sulla straordinaria accoglienza della gente (va oltre ogni umana aspettativa, è una cosa commovente), il Turkmenistan per dormire in mezzo al deserto a due passi dalla Door to Hell, l’Uzbekistan perché il mio cavallo doveva passare per forza da Samarcanda ed il Pamir perché è la seconda strada carrozzabile più alta del mondo con panorami stupefacenti>>.
Per quanto riguarda i pernottamenti, una delle opzioni più gettonate durante il percorso è stata il campeggio libero in mezzo al nulla: romantico e avventuroso.
Ovviamente, il viaggio non è stato privo di imprevisti.
Il primo problema sorge in Iran, con la moto che inizia a fare qualche capriccio.
Per fortuna, in soccorso di Giulio è comparso dal nulla un meccanico, impersonando la proverbiale ospitalità persiana: <<mi ha ospitato in casa sua per due notti offrendomi vitto, alloggio e vestiti per la notte, oltre a non farsi pagare il servizio d’officina perché quei soldi mi sarebbero potuti servire in viaggio>>.
Dopo un paio di giorni di lavoro, l’abile -e gentile- meccanico riesce a far ripartire la Transalp e il viaggio può finalmente proseguire.
Durante la breve sosta forzata, Giulio entra in contatto con la realtà quotidiana della piccola cittadina Iraniana. Colori, profumi e anche sapori: senza questa sosta difficilmente si sarebbe potuta presentare ad esempio l’opportunità di assaggiare un piatto tipico locale, la testa di pecora stufata. Secondo la credenza popolare, questo piatto è energetico e fortifica lo spirito.
Offerta declinata, si prosegue verso la destinazione finale…ma c’è una frase che viene ripetuta quando si parla del Mongol Rally: “If nothing goes wrong, everything has gone wrong”.
E chi è Giulio per smentire questo detto popolare?
Deserto del Kazakistan, ore 18. Il sole sta calando, ma non solo: anche la moto sembra che stia iniziando a perdere colpi.
E infatti li perde.
Tutti.
L’albero secondario del cambio decide che basta, il Kazakistan è troppo bello per continuare, lui vuole fermarsi lì, e si spezza in due.
Giulio rimane a piedi nel bel mezzo nel nulla, intorno a lui solo sassi (tanti) e piante (poche).
Il danno è importante e lui da solo non può farcela né a sistemare la moto né a spostarsi.
Per fortuna passa un automobilista che, cosa rara per quelle zone, capisce qualche parola di inglese e fa da interprete con alcuni camionisti, finché non viene trovato un mezzo adatto e con abbastanza spazio nel cassone per poter caricare la moto.
La prima tappa è Astana, città con più di un milione di abitanti. La speranza è che tra quel milione ce ne sia almeno uno in grado di riparare la moto o eventualmente rispedirla in Italia ad un costo ragionevole.
Invece no. Nessun meccanico riesce a mettere mano alla Transalp, quindi non rimane che l’alternativa del rimpatrio, che però si rivela essere piuttosto costoso.
La soluzione abbordabile arriva da uno spedizioniere polacco specializzato in motociclette, che organizza la tratta Bishkek – Italia.
Bishkek si trova a più di 1000km da Astana: Giulio riesce comunque a portare la moto nella cittadina dalla quale partiranno, direzione Italia, sia la moto che lui: l’avventura del Mongol Rally finisce così, con una moto che non vuole più saperne di partire e una sensazione di sconforto per non essere riuscito a raggiungere il traguardo.
Se leggendo queste righe potrebbe sembrare che tutto si sia svolto in pochi giorni…beh, vi sbagliate: questo imprevisto è costato a Giulio un mese e mezzo (abbastanza impegnativo, aggiungiamo noi) passato tra le cittadine Kazake.
In tutto, più di due mesi passati tra villaggi, città, asfalto e pietre.
Il ritorno porta con sé tanti ricordi e tante foto, soprattutto due alle quali Giulio è particolarmente legato: << La prima l’ho scattata a Mashhad, Iran, quando mi sono ritrovato per caso nel bel mezzo di uno dei raduni musulmani più grandi e sentiti in Medio Oriente. C’è una bambina accovacciata tra la folla, completamente circondata da donne con il velo. La seconda invece l’ho scattata in Pamir comodamente dalla sella della moto. Oltre il cupolino si vede questa strada che scende a valle spaccando tutto le montagne>>
Ma non pensate che il nostro eroe si sia dato per vinto…seguitelo sulle sue pagine social e scoprite cos’ha in serbo per il futuro. Vi anticipiamo qualcosa: di sicuro avrà con sé la sua macchina fotografica.
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